domenica 13 ottobre 2013

Pensieri di un camminatore

Avete mai veduto costruire una casa? Io, tante, qua a Richieri. E ho pensato: "Ma guarda un po’ l’uomo, che è capace di fare! Mutila la montagna; ne cava pietre; le squadra; le dispone le une sulle altre e, che è che non è, quello che era un pezzo di montagna è diventato una casa."
"Io – dice la montagna – sono montagna e non mi muovo".
"Non ti muovi, cara? E guarda là quei carri tirati da buoi. Sono carichi di te, di pietre tue. Ti portano in carretta, cara mia! Credi di startene costí? E già mezza sei due miglia lontano, nella pianura."
"Dove?"
"Ma in quelle case là, non ti vedi? Una gialla, una rossa, una bianca; a due, a tre, a quattro piani. E i tuoi faggi, i tuoi noci, i tuoi abeti? Eccoli qua, a casa mia. Vedi come li abbiamo lavorati  bene? Chi li riconoscerebbe più in queste sedie, in questi armadi; in questi scaffali? Tu montagna. sei tanto più grande dell’uomo; anche tu faggio, e tu noce e tu abete; ma l’uomo è una bestiolina piccola, sí, che ha però in sé qualche cosa che voi non avete.
A star sempre in piedi, vale a dire ritta su due zampe soltanto, si stancava; a sdraiarsi per terra come le altre bestie non stava comoda e si faceva male, anche perché, perduto il pelo, la pelle eh! la pelle le è diventata più fina. Vide allora l’albero e pensò che se ne poteva trar fuori qualche cosa per sedere più comodamente. E poi sentì che non era comodo neppure il legno nudo e lo imbottì  scorticò le bestie soggette, altre ne tosò e vestì il legno di cuoio e tra il cuoio e il legno mise la lana; ci si sdraiò sopra, beato:
– Ah, come si sta bene così!
Il cardellino canta nella gabbietta sospesa tra le tende al palchetto della finestra. Sente forse la primavera che s’approssima? Ahimè, forse la sente anch'esso l’antico ramo del noce da cui fu tratta la mia seggiola, che al canto del cardellino ora scrícchiola. Forse s’intendono, con quel canto e con questo scricchiolìo, l’uccello imprigionato e il noce ridotto seggiola.
Pare a voi che non c’entri questo discorso della casa, perché adesso la vedete come è, la vostra casa, tra le altre che formano la città. Vi vedete attorno i vostri mobili che sono quali voi secondo il vostro gusto e i vostri mezzi li avete voluti per i comodi vostri. Ed essi vi spirano attorno il dolce conforto familiare, animati come sono da tutti i vostri ricordi; non più cose, ma quasi intime parti di voi stessi, nelle quali potete toccarla e sentirla quella che vi sembra la realtà sicura della vostra esistenza.
Siano di faggio o di noce o d’abete, i vostri mobili sono, come i ricordi della vostra intimità domestica, insaporati di quel particolare alito che cova in ogni casa e che dà alla nostra vita quasi un odore che piú s’avverte quando ci vien meno, appena cioè, entrando in un’altra casa, vi avvertiamo un alito diverso. E vi secca, lo vedo, ch’io v’abbia richiamato ai faggi, ai noci, agli abeti della montagna.
                                                                                (Uno, nessuno, centomila - L.P.)




Il viaggio non è l'emozione di attimi pericolosi
il viaggio è la gioia del tempo
pericolo è stare rinchiusi

Direzione casuale, non prevede sosta



Mischiare presente e ricordi, le strade possibili fatte
fu forse salsedine o neve
fu forse ponente o levante







Se impari la strada a memoria non troverai certo granché
se invece smarrisci la rotta

il mondo è lì tutto per te

Paese significa storia e storia significa lingua

impara la tua direzione
da gente che non ti somiglia

                                                                       (M.d.L)




C'è solo la strada su cui puoi contare 
la strada è l'unica salvezza 
c'è solo la voglia e il bisogno di uscire 
di esporsi nella strada e nella piazza 
perché il giudizio universale 
non passa per le case 
le case dove noi ci nascondiamo 
bisogna ritornare nella strada 
nella strada per conoscere chi siamo
                                                 (G.G.)


Bleonf...bleonf...

Post senza parole scritte, ...solo cantate! Ti amo (Link)






sabato 5 ottobre 2013

Per fare una albero ci vuole un fiore, per fare il legno ci vuole un forestale !!

Ci avete mai pensato? Dico alla sua unicità. Lo si può classificare in mille modi diversi: per specie, per qualità, per utilizzo, per colore, per grana, per compattezza o fibratura, ma dovunque voi siate nel mondo il suo nome è LEGNO. Non è nato per caso. Io credo che sia la cupidigia e l'avidità, o meglio dire la fame l'istinto di sopravvivenza, ad averlo creato.
Non è forse la pianta più alta quella che riesce ad aver più luce?
O quella con la chioma più sviluppata ad intercettare per prima i raggi del sole, sua prima fonte di energia?
Con dell'acqua, un gas che per tutti gli organismi eterotrofi è veleno, un pizzico di minerali e tonnellate di luce le piante riescono a produrre zuccheri semplici, complessarli e trasformarli in...legno.


Trovatemi dunque una materia sulla Terra migliore del legno, un materiale, dico, che meriti maggior rispetto e ammirazione.
Della sua genesi conosciamo abbastanza, della sua struttura macro e microscopica qualcosina in più, della sua composizione chimica molto poco e dei sui utilizzi più nobili si sta perdendo memoria. Una cosa però è certa: è morto. Un sottile velo di cellule meristematiche lo separa dagli strati più esterni della pianta che compone, ma nel momento stesso in cui comincia ad essere legno, smette di essere vivo. Fibrille di cellulosa e mattoni di lignina avvolgono e impregnano la parete cellulare fino a soffocarne il protoplasto, vivo al suo interno. Un sacrificio necessario per la sopravvivenza del sistema pianta.
Badate che ho detto morto, non inutile.
Le sue vere funzioni iniziano quando si svuota il lumen cellulare. Ed ecco allora autostrade di minerali, succhi e umori aprirsi per portare, in un intrico di vene e arterie, nutrimento e vita al resto del corpo.
Trovatemi dunque un materiale capace di assolvere alla sua funzione fisiologica principale anche se morto.


Trovatemi un materiale organico, ma capace di resiste nei secoli senza decomporsi, all'interno di fusto e rami. Capace di sentire, io ne sono convinto, il dolore, e reagire ad esso con inaspettata prontezza. La sua compattezza lo autosostiene sotto il suo stesso peso, ma l'estrema elasticità gli permette di non schiantare durante un temporale. Se delle forze persistono insistenti tra gli aghi della sua chioma, lui si adatta, e reagendo, rinforza il lato opposto a dove la forza poggia, ma se la stessa forza preme sulla chioma quando le foglie ingialliscono, allora tenace il legno accresce maggiormente da quel lato, tendendo tiranti e controventature.



Trovatemi ancora, se ne siete capaci, un materiale, lo stesso, che sia casa, rifugio, substrato, cibo, energia per altre miriadi di esseri viventi dopo la sua sconfitta.
Il vecchio boscaiolo sa come procurarsi questo materiale, sa svincolare quella trave che, contro Natura, sta conficcata nel terreno e si protende al cielo. Contro Natura, dico, perché innaturale è costruire una fortezza così apparentemente instabile, e investire così tanta energia per salire più in alto quando poi, prima o poi, si dovrà cadere. L'avidità, ripeto, e forse un po' di testardaggine, ha però fin'ora dato ragione alle piante.


Col legno si costruiscono attrezzi, che costruiscono case, che costruiscono famiglie. E il falegname sa che non si deve usare la betulla per alzare una staccionata o ricavar le scandole per il tetto, né si può usare il maggiociondolo per le stoviglie della cucina. E' poco consigliabile pure usare il salice per cucinare o riscaldare, o la quercia per i manici delle scuri. Quest'ultima è perfetta invece per farne botti, o l'ossatura dei carri.
Ma in fondo non è sempre e solo legno?


E anche dopo averlo tagliato con la luna calante, segato scrupolosamente in tavole e travi, fatto pazientemente essiccare al pusterno dove la brezza costante ne irrigidisce la fibre che si spaccano in lunghi cretti longitudinali, non è forse il legno l'unico materiale che continua muoversi in un eterno respiro che segue l'andamento dell'umidità e della temperatura dell'aria che lo circonda?


Trovatemi un materiale, che faccia rallentare il ritmo della vita delle persone che abitano una casa di cui ne siano fatti i muri, il pavimento e il tetto, ma che alle stesse persone faccia balzare in cuore in gola di fronte ad una scultura ben riuscita, un oggetto che porta ricordi.



Trovatemi un materiale dove fareste dormire, con la serenità di chi veglia, tanto il vostro bimbo la sera, quanto il vostro vecchio padre all'ombra dell'ultimo cipresso.

Se Dafne pregò il padre di trovare nelle fattezze di pianta la sua salvezza, io prego di trovare un giorno nel legno la mia:


...vix prece finita torpor gravis occupat artus,
mollia cingitur tenui praecordia LIBRO;
in forndem crines, in ramos bracchia crescunt
pes modo tam velox pigris radicibus haeret

E i chiodi di Cristo non furono forse piantati nel legno?